Di: Dott. Alberto Tofanari
Oggetto: Disturbo di Personalità del Cluster B
” F60.31 Disturbo Borderline di Personalità
Il termine borderline deriva dall’antica classificazione dei disturbi mentali, raggruppati in nevrosi e psicosi, e significa letteralmente “linea di confine”. L’idea originaria era riferita a pazienti con personalità che funzionano “al limite” della psicosi pur non giungendo agli estremi delle vere psicosi o malattie gravi (come ad esempio la schizofrenia). Questa definizione è oggi considerata più appropriata al concetto teorico di “Organizzazione Borderline”, che è comune ad altri disturbi di personalità, mentre il disturbo borderline è un quadro particolare.
1. La Nascita della definizione Borderline
Negli anni 50 un sempre più nutrito gruppo di psicoterapeuti e clinici tentò di creare una classificazione diagnostica per una serie di disturbi mentali che non sembravano soddisfare i criteri propri né delle nevrosi né delle psicosi. Si trattava di persone con gravi instabilità dell’umore, notevoli difficoltà nelle relazioni oggettuali e soprattutto problemi di integrazione nella società. La descrizione dei comportamenti sintomatici creò molte perplessità di tipo nosologico, dal momento che questi pazienti presentavano un quadro clinico ben più drammatico delle nevrosi, pur non rispettando i criteri di inclusione in una diagnosi di psicosi, soprattutto per l’inalterato contatto con la realtà. In quel periodo perciò fiorirono delle classificazioni speciali per questo genere di disturbo, come preschizofrenia (Rapaport e Gill), stati al limite e personalità caso al limite (Rangell, 1955).

a. L’intuizione di Otto F. Kernberg
Negli anni ’60 Otto F. Kernberg, psichiatra e psicanalista, sviluppò un modello psicoanalitico di questi disturbi basato sulla Teoria delle relazioni oggettuali e sulla Psicologia dell’Io. Kernberg indica vari sintomi, come ansia liberamente fluttuante, fobie multiple, reazioni dissociative, preoccupazioni ipocondriache, sessualità perversa polimorfa, abuso di sostanze. Ritiene però che la diagnosi si debba basare non tanto sui sintomi riscontrati, quanto sulla presenza di alcune caratteristiche strutturali che determinano l’organizzazione di personalità borderline (distinta dalle altre due che sono l’organizzazione nevrotica e l’organizzazione psicotica delle personalità).
L’organizzazione borderline si caratterizza per l’impiego sistematico di un certo gruppo di meccanismi di difesa che Kernberg considera più “primitivi” rispetto a quelli di tipo nevrotico: la scissione, la svalutazione, l’idealizzazione e l’identificazione proiettiva, mediante i quali l’individuo categorizza ogni persona del suo ambiente come “completamente buona” o “completamente cattiva”, anche se il giudizio su una persona può variare da un giorno all’altro o anche più volte al giorno. Le relazioni oggettuali sono quindi patologiche, la persona esterna non viene considerata nel suo insieme di caratteristiche positive e negative, e anche le rappresentazioni di Sé non vengono integrate, portando a una diffusione o dispersione dell’identità individuale, e caratteristiche individuali “di tratto”, alcune delle quali potrebbero essere cioè di natura genetica. Nello specifico, Kernberg individua una forma di “debolezza dell’Io”, che si manifesta in una difficoltà nel differimento della scarica pulsionale e nella regolazione dell’ansia. Il pensiero di queste persone, poi, sembra “primitivo” (come nelle fasi precoci dello sviluppo) e similpsicotico quando l’individuo è sotto la pressione di affetti intensi, caratteristica che deve aver sollevato, negli anni 50, il serio dubbio che questo genere di disturbi potesse essere una forma di psicosi.

2. Il contrasto Kernberg-Kohut sul Disturbo narcisistico di personalità
Con la definizione borderline, Kernberg intendeva riferirsi perciò ad un’organizzazione di personalità, con diverse “tipologie”, tutte caratterizzate da un grado evidente di pervasività e cronicità, e tutte in qualche modo incompatibili con il funzionamento sociale. Un altro autore illustre in quegli anni, Heinz Kohut, si occupava dei cosiddetti Disturbi Narcisistici di Personalità, che identificavano una serie di difficoltà relazionali e profondi deficit nello sviluppo narcisistico. Fra questo autore e Kernberg si creò una forte polemica relativa all’effettiva classificazione di questo genere di disturbi. Per Kernberg i pazienti definiti “narcisistici” presentavono una particolare tipologia della sua Organizzazione Borderline di Personalità. Effettivamente alcune caratteristiche evidenziate per i pazienti di Kohut rispondevano a buona parte della definizione diagnostica proposta da Kernberg, a parte alcuni riferimenti alla gravità del disturbo in generale: per Kohut questi pazienti sono in grado di “funzionare” nella vita di tutti i giorni, integrandosi perfettamente, dal momento che il nucleo centrale del loro problema stava in un Sé grandioso congelato evolutivamente a una fase in cui non ha ricevuto le risposte di ammirazione necessarie al suo sano sviluppo. Ciò che emerse da questa querelle fu una certa perplessità circa la sua correttezza, dal momento che i pazienti dell’uno risultavano essere molto diversi da quelli dell’altro: Kohut curava professionisti che lamentavano senso di vuoto, forme di depressione e difficoltà relazionali, mentre Kernberg (che lavorava in strutture ospedaliere) si occupava maggiormente di pazienti ricoverati a volte antisociali, aggressivi, con una precisa struttura di personalità.

3. Quadro clinico
Il soggetto presenta una marcata instabilità nelle relazioni interpersonali, nell’immagine di sé, nell’espressione degli affetti spesso marcata da una grave impulsività (Tab.22.6)
Tabella 22.6 Criteri diagnostici per F60.31 Disturbo Bordeline di Personalità [301.83];
Una modalità pervasiva di instabilità delle relazioni interpersonali, dell’immagine di sé e dell’umore e una marcata impulsività, comparse nella prima età adulta e presenti in vari contesti, come indicato da cinque (o più) dei seguenti elementi:

1) Sforzi disperati di evitare un reale o immaginario abbandono, nota: non includere i comportamenti suicidari o auto mutilanti considerati nel criterio 5
2) Un quadro di relazioni interpersonali instabili e intense, caratterizzate dall’alternanza tra gli estremi di iperidealizzazione e svalutazione
3) Alterazione dell’identità: immagine di sé e percezione di sé marcatamente e persistentemente instabili
4) Impulsività in almeno due aree che sono potenzialmente dannose per il soggetto, quali spendere, sesso, abuso di sostanze, guida spericolata, abbuffate. Note: Non includere i comportamenti suicidari o auto mutilanti considerati nel criterio 5
5) Ricorrenti minacce, gesti, comportamenti suicidari o comportamento auto mutilante
6) Instabilità affettiva dovuta a una marcata reattività dell’umore (per es., episodica intesa disforia, irritabilità o ansia, che di solito durano poche ore e soltanto raramente più di pochi giorni)
7) Sentimenti cronici di vuoto
8) Rabbia immotivata e intensa o difficoltà a controllare la rabbia (per es. frequenti accessi di ira o rabbia costante, ricorrenti scontri fisici)
9) Ideazione paranoide o gravi sintomi dissociativi transitori, legati allo stress

Da: American Psychiatric Association: Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, IV edizione – TR, Masson, Milano 2001.

In genere questi pazienti ritengono gli altri la causa dei loro problemi e difficoltà. Le relazioni caotiche e problematiche sono caratterizzate dall’oscillazione tra la dipendenza e l’ostilità. Da una parte hanno paura di essere annichiliti nelle relazioni intime; dall’altra provano un’angoscia panica al pensiero di essere abbandonati.
I pazienti cercano di manipolare le persone per i propri scopi, ma i loro comportamenti (collera, gesti auto lesivi) fa allontanare piuttosto che avvicinare gli altri. Non ottengono così quell’attenzione e rassicurazione che cercano. Alle esperienze frustanti rispondono con rabbia e atti impulsivi che possono essere anche gravemente distruttivi: incidenti automobilistici, promiscuità sessuale, gesti auto lesivi, abuso di sostanze che sono tipici modi adottati da questi pazienti di compensare patologicamente sentimenti di frustrazione.
Una caratteristica fondamentale del paziente borderline è l’instabilità che coinvolge il sentimento d’indentità associato a un cronico sentimento di vuoto. Questi pazienti non sanno chi sono, qual è il loro orientamento sessuale, quali le mete e i valori personali e professionali. Non riescono a differenziare i propri pensieri e sentimenti da quelli degli altri, non sentono coesione con l’immagine del Sé e del proprio corpo (Lingiardi, 2004). Per i sentimenti di vuoto e per questa grave confusione interna i pazienti borderline non tollerano la solitudine e ricercano le ambivalenti relazioni interpersonali già descritte.
Grinker (1968) identifica 4 sottotipi (Gabbard 2000):

b. I quattro sottotipi di pazienti bordeline secondo Grinker
1) Tipo I: Sottotipo psicotico
1. Comportamento inappropriato o in adattivo
2. Alterazioni esame di realtà e senso di identità
3. Comportamento negativo e rabbia apertamente espressa
2) Tipo II: Nucleo della Sindrome Bordeline
1. Depressione pervasiva
2. Relazioni caratterizzate da forte instabilità
3. Rabbia e impulsività agita
4. Inconsistente identità di sé
3) Tipo III: Gruppo “come-se”
1. Tendenza a imitare l’identità altrui
2. Scarso/insufficiente coinvolgimento affettivo
3. Comportamento più adattivo
4. Scarse/insufficiente spontaneità e genuinità nelle relazioni
4) Tipo IV: Sottotipo nevrotico
1. Depressione da deprivazione affettiva
2. Ansia
3. Aspetti nevrotici
4. E narcisistici

I pazienti borderline cercano di stabilire delle relazioni esclusive in cui non sia possibile il rischio di abbandono. Ma una volta raggiunta l’intimità con un’altra persona sono permeati da un conflitto ambivalente: da una parte temono di essere fagocitati dall’altro e di perdere la propria identità in una primitiva fantasia di fusione; dall’altra provano un’angoscia al fine di richiamare l’altro a sé per essere salvati.
Kernberg (1975) ha definito una organizzazione borderline di personalità secondo i seguenti criteri:

c. Criteri di Kernberg per l’Organizzazione Borderline di Personalità
1) Specifica debolezza dell’io
1. Intolleranza all’angoscia
2. Discontrollo degli impulsi
3. Assenza di canali sublimatori evoluti
2) Pensiero primario
3) Specifici meccanismi e svalutazione
1. Scissione
2. Idealizzazione primitiva
3. Forme primitive di proiezione, soprattutto l’identificazione proiettiva
4. Diniego
5. Onnipotenza e svalutazione
4) Relazioni d’oggetto patologiche interiorizzate
Modificata da: Kernberg O.F., 1975.
Mentre Kernberg estende la condizione borderline a diversi Disturbi di Personalità (Narcisistico, Antisociale, Schizoide, Paranoide, Infantile e Ciclotimico), Meissner afferma la presenza di un continuum isterico e un continuum schizoide.
Nell’ICD-10 questa condizione viene descritta come Disturbo di Personalità Emotivamente Instabile, Tipo Borderline.

4. Diagnosi Differenziale
Il Disturbo Borderline di Personalità spesso concomita con i Disturbi dell’Umore e, quando sono soddisfatti i criteri per entrambi, possono essere entrambi diagnosticati. Poiché la presentazione trasversale del Disturbo Borderline di Personalità può essere mimata da un Episodio di Disturbo dell’Umore, il clinico dovrebbe evitare di porre una diagnosi addizionale di Disturbo Borderline di Personalità basandosi solo sulla presentazione trasversale, senza avere documentato che la modalità di comportamento ha un esordio precoce e un decorso persistente.
Altri Disturbi di Personalità possono essere confusi con il Disturbo Borderline di Personalità, poiché hanno certe caratteristiche in comune. È, quindi, importante distinguere tra questi disturbi in base alle differenze nelle loro caratteristiche specifiche. Comunque, se un individuo presenta caratteristiche di personalità che soddisfano i criteri per uno o più Disturbi di Personalità oltre al Disturbo Borderline di Personalità, tutti possono essere diagnosticati. Sebbene anche il Disturbo Istrionico di Personalità possa essere caratterizzato da ricerca di attenzione, comportamento manipolativo e emotività rapidamente variabile, il Disturbo Borderline di Personalità si distingue per l’autodistruttività, la rottura con rabbia di relazioni strette e i sentimenti cronici di profondo vuoto e solitudine. Possono essere presenti idee paranoidi o illusioni sia nel Disturbo Borderline di Personalità che nel Disturbo Schizotipico di Personalità, ma questi sintomi nel Disturbo Borderline di Personalità sono più transitori, reattivi ai rapporti interpersonali, e sensibili alla strutturazione esterna. Sebbene anche il Disturbo Paranoide di Personalità e il Disturbo Narcisistico di Personalità possano essere caratterizzati da reazioni di rabbia per stimoli minori, la relativa stabilità dell’immagine di sé, così come la relativa assenza di autodistruttività, impulsività, e timori di abbandono, distinguono questi disturbi dal Disturbo Borderline di Personalità. Sebbene il Disturbo Antisociale di Personalità e il Disturbo Borderline di Personalità siano caratterizzati entrambi dal comportamento manipolativo, gli individui con Disturbo Antisociale di Personalità sono manipolativi per ottenere profitto, potere, o altra gratificazione materiale, mentre l’obbiettivo nel Disturbo Borderline di Personalità è più rivolto verso l’ottenimento delle attenzioni dei personaggi accudenti. Sia il Disturbo Dipendente di Personalità che il Disturbo Borderline di Personalità sono caratterizzati dal timore di essere abbandonati; comunque, l’individuo con Disturbo Borderline di Personalità reagisce all’abbandono con sentimenti di vuoto emotivo, rabbia e richieste, mentre l’individuo con Disturbo Dipendente di Personalità reagisce aumentando le concessioni e la sottomissione, e ricerca urgentemente una relazione sostitutiva per ottenere accudimento e supporto. Il Disturbo Borderline di Personalità può essere ulteriormente distinto dal Disturbo Dipendente di Personalità per la tipica modalità di relazione instabile e intensa.
Il Disturbo Borderline di Personalità deve essere distinto da una Modificazione della Personalità Dovuta ad una Condizione Medica Generale, in cui i tratti emergono a causa degli effetti diretti di una condizione medica generale sul sistema nervoso centrale. Deve anche essere distinto dai sintomi che si sviluppano in associazione con l’uso cronico di sostanze (per es., Disturbo Correlato a Cocaina Non Altrimenti Specificato). Il Disturbo Borderline di Personalità dovrebbe essere distinto da un Problema di Identità, che è riservato ai problemi di identità legati ad una fase dello sviluppo (per es., adolescenza) e non si qualifica come disturbo mentale.

5. Complicanze, manifestazioni e disturbi associati
Possono subentrare sintomi simipsicotici (allucinazioni, distorsione dell’immagine corporea, fenomeni ipnagogici, idee di riferimento) soprattutto in risposta allo stress. È possibile una morte prematura o la creazione di problemi fisici causati da gesti auto lesivi o dalle automutilazioni.
Gli individui con Disturbo Borderline di Personalità possono avere una modalità di boicottaggio di se stessi nel momento in cui l’obbiettivo è sul punto di essere realizzato (per es., ritirarsi da scuola quando sono in procinto di diplomarsi; regredire gravemente dopo una discussione su come sta andando bene la terapia; distruggere una relazione proprio quando è chiaro che potrebbe durare).
Alcuni individui sviluppano sintomi simil-psicotici (per es., allucinazioni, distorsioni dell’immagine corporea, idee di riferimento, e fenomeni ipnagogici) durante periodi di stress. Gli individui con questo disturbo possono sentirsi più sicuri con oggetti transizionali (per es., possedere un animale domestico o un oggetto inanimato) che nelle relazioni interpersonali. In individui con questo disturbo può verificarsi una morte prematura per suicidio, specialmente in quelli con Disturbi dell’Umore o Disturbi Correlati a Sostanze concomitanti. Dalle condotte di abuso autoinflitte o dai tentativi di suicidio mancati possono derivare menomazioni fisiche. Sono comuni perdite ricorrenti del lavoro, interruzione della scolarità e rottura di matrimoni. Nelle storie infantili di persone con Disturbo Borderline di Personalità sono più comuni l’abuso fisico o sessuale, l’incuria, il conflitto ostile e la perdita precoce o la separazione dei genitori. I comuni disturbi concomitanti di Asse I includono i Disturbi dell’Umore, i Disturbi Correlati a Sostanze, i Disturbi dell’Alimentazione (particolarmente la Bulimia), il Disturbo Post-traumatico da Stress e il Disturbo da Deficit dell’Attenzione/Iperattività. Il Disturbo Borderline di Personalità è frequentemente concomitante con altri Disturbi di Personalità.

6. Prevalenza
La prevalenza del Disturbo Borderline di Personalità viene stimata in circa il 2% della popolazione generale, circa il 10% tra gli individui osservati in cliniche ambulatoriali per malattie mentali, e circa il 20% tra i pazienti psichiatrici ricoverati. Varia tra il 30% e il 60% tra le popolazioni cliniche con Disturbi di Personalità.
Il Disturbo Borderline è più frequente nelle donne (75%), nelle famiglie dei borderline erano presenti più parenti borderline. La situazione è complicata dall’ipotesi che il borderline possa essere geneticamente associato al Disturbo dell’Umore. In parte tale legame si evidenzia a causa della frequenza con cui questi pazienti nel corso della vita si ammalano di depressione. In parte questo dato sarebbe suffragato dalla presenza di caratteristiche neuro-psicologiche e neuro-ormonali tipiche anche dei Disturbi dell’Umore. Alcuni studi depongono per una familiarità affettiva tra i borderline paragonabile a quella di pazienti affettivi (intorno al 40%) (Cassano et al., 2002). Ma i dati sono contrastanti e non univoci.

7. Cenni Psicodinamici
Secondo Kernberg i pazienti superano con successo la fase simbiotica (Mahler et al., 1975) ma si fissano alla fase della separazione-individuazione. Il momento nodale della psicodinamica di questo paziente appare nella fase del riavvicinamento (18-24 mesi).
Il bambino teme che la madre scompaia e che, ripetendo una crisi infantile precoce già sperimentata, il suo tentativo di separazione dalla madre provocherà la sua scomparsa. Se infatti nella fase del riavvicinamento interverranno degli elementi disturbanti che andranno ad alterare le normali relazioni madre-figlio, si potrà generare un grave impoverimento del sentimento di sé così che il bambino diventerà un individuo confuso rispetto alla sua identità, molto vulnerabile agli eventi di separazione, incapace di tollerare la solitudine e di vivere senza angoscia sia i momenti di lontananza dalle persone significative quanto l’intimità con esse (Lingiardi, 2004). Nella riedizione adulta il paziente teme di essere abbandonato dalle figure significative e non tollera i momenti di solitudine.
Il nodo psicodinamico potrebbe risiedere in un disturbo emozionale della madre durante la fase di riavvicinamento, o per un eccesso di aggressività costituzionale nel bambino o per difficoltà materne nella funzione genitoriale; ne deriva la mancanza di costanza dell’oggetto: questi pazienti sono quindi incapaci di integrare gli aspetti buoni e cattivi di se stessi e della loro madre. Attraverso la scissione sia la madre sia il Sé sono vissuti come oscillanti tra l’essere internamente buoni e internamente cattivi.
Ci saranno momenti in cui il soggetto si sentirà buono e circondato da persone benevole alternati a momenti in cui egli si sentirà privo di ogni valore (ne derivano le crisi di identità, la sensazione di vuoto e smarrimento, gli impulsi suicidari) tendendo a percepire chi gli sta vicino come cattivo e malevolo e pronto ad abbandonarlo (da cui i sentimenti di rabbia e ostilità).

I bambini, circa a tre anni, interiorizzano una immagine materna unitaria e supportiva, in grado di sostenerli anche quando è assente; mancando questa immagine interna presentano una costanza d’oggetto scarsa o assente con intolleranza alla separazione. Sono presenti introietti negativi che se proiettati, li fanno sentire oggetto di persecutori; quando sono re introiettati, li fanno sentire privi di valore creando pensieri e atti suicidari.
Anche Masterson e Rinsley (1975) si soffermano, come punto critico dello sviluppo del soggetto bordeline, sulla sottofase del riavvicinamento. L’interazione madre-bambino, in questo caso sarebbe contraddittoria a partire dalla madre che invierebbe al bambino un messaggio secondo il quale la crescita e l’individuazione comporteranno la perdita dell’amore materno. Perciò il dramma relazionale del paziente borderline può essere così descritto: se si sentono in intimità con una persona hanno paura per un eccessivo coinvolgimento; ma quando si sentono separati sperimentano un abbandono traumatico. Questa instabilità relazionale centrale nella personalità borderline si stabilirà anche con il terapeuta.

Mentre i precedenti modelli interpretativi si basano su un modello di psicopatologia del conflitto, Gerard Adler (1985) si basa sul modello del “deficit” o “insufficienza”.
Una funzione materna inconsistente o insufficiente è causa dell’incapacità del borderline di sviluppare un oggetto interno “contenente-confortante”: da ciò derivano sentimenti di vuoto, tendenze depressive. Nell’assenza di risposte significative da parte delle persone significative i pazienti vanno soggetti alla frammentazione del Sé con grande senso di vuoto e “panico da annichilimento”.
Il gruppo di Fonagy (Fonagy e Target 2001) ha mostrato che questi pazienti presentano uno stile di attaccamento insicuro, associato a esperienze traumatiche e una scarsissima capacità riflessiva.
In realtà vi sono molti percorsi nell’evoluzione della psicopatologia bordeline.
Sebbene molti pazienti abbiano sperimentato una certa combinazione di perdite, trascuratezza, abuso fisico, verbale e sessuale, il 20-50% non ha esperito né abuso né trascuratezza: nessun fattore eziologico considerato sembra essere esaustivo.

8. Analisi dei criteri diagnostici
1) il paziente borderline, in relazione al livello di gravità della manifestazione sintomatologica, può mettere in atto comportamenti e azioni, anche potenzialmente dannose per sé e per gli altri in risposta alla percezione di essere stato abbandonato, lasciato o rifiutato ed indipendentemente se l’abbandono sia reale o immaginario. La paura stessa di poter essere lasciati in genere è sufficiente a scatenare una crisi. Anche la potenziale perdita imminente di un ambiente di sostegno, quali il termine di una seduta clinica, oppure un semplice ritardo anche di pochi minuti ad un appuntamento, una mancata risposta ad una chiamata telefonica (oggi è comune anche una mancata risposta a SMS o E-Mail) possono produrre crisi di ansia e panico, rabbia eccessiva e non appropriata alla circostanza, alterazioni dell’umore, delle cognizioni e del comportamento.
Nel primo criterio il DSM-IV include una nota importante, quella di non considerare, dal punto di vista fenomenologico, il criterio 5, ovvero le ricorrenti minacce di suicidio o i gesti automutilanti. Questo perché c’è un tentativo da parte del Manuale di essere a-teorico, o comunque di evitare un’interpretazione del comportamento per finalità diagnostiche. Il clinico, quindi, eviterà, di ipotizzare che il tentativo di suicidio, i gesti di automutilazione o l’ideazione e le minacce di suicidio sia uno sforzo disperato per evitare l’abbandono pur se
questa interpretazione è valida. Tale atteggiamento è necessario soltanto da una posizione diagnostico-descrittiva.

2) Le relazioni interpersonali sono centrali nelle personalità borderline. Il rapporto con gli altri è instabile e il paziente è in grado di stravolgere in poco tempo il giudizio e la percezione che ha di una persona. Può passare da un’estrema idealizzazione dell’altro (partner, amici, familiari, sconosciuti e ovviamente anche lo psicologo) per poi improvvisamente virare verso una svalutazione dello stesso in caso di frustrazione. Gli episodi di instabilità sono frequenti.
Capita sovente, soprattutto nei confronti di partner sessuali, una idealizzazione soprattutto all’inizio del rapporto. Il paziente borderline è in grado di innamorarsi frequentemente e di dichiarare amore e progetti di vita di coppia già dopo pochi incontri. Soprattutto quando sono evidenti tratti istrionici il paziente borderline può sembrare estremamente seducente, simpatico, vivace, pieno di vita pur rimanendo tendenzialmente pessimista. Questa
esaltazione coinvolge soprattutto quelle personalità generalmente insicure con tratti narcisistici o dipendenti che cadono facilmente nella trappola tesa dal paziente borderline (ovviamente la modalità di comportamento manipolatoria non è pienamente cosciente, il paziente non sente di prendere in giro la persona, percepisce esattamente quello che dice e afferma). Mancando un filtro in grado di posticipare gli impulsi, le personalità borderline nello stesso modo in cui esaltano l’altro o la relazione, la riescono a far crollare. Capita, nei nostri studi, che un paziente dichiari innamoramento verso lo psicologo o che appaia estremamente seduttivo esaltando le qualità terapeutiche del clinico o la sua capacità di comprensione ma svalutandolo (anche indirettamente ad esempio svalutando la psicologia) verso il termine della seduta.
Anche le relazioni sono caratterizzate da eccessi, impulsività ed imprevedibilità. Spesso possono sentire che l’altro non è abbastanza presente, non dà quanto loro vorrebbero, oppure c’è l’assurda aspettativa che l’altro debba pensare a loro quando essi vorrebbero o che reagissero a determinati pensieri o comportamenti secondo una aspettativa spesso non apertamente comunicata.
Un esempio può aiutare il clinico a comprendere meglio la situazione: “una paziente dichiara di essersi infuriata dopo che il ragazzo con cui era uscita la sera prima non si è accorto che, durante una passeggiata, lei si è fermata sotto un lampione. Il ragazzo infatti avrebbe dovuto dirle che lei non aveva bisogno di luce perché brillava di luce propria”.
3) Anche l’immagine e la percezione di sé risultano alterate. Un paziente può cambiare improvvisamente obiettivi, aspirazioni, valori, ruolo, lavoro (hanno difficoltà di prestazione in genere in lavori pochi strutturati ed in situazioni scolastiche), amicizie, identità e tendenze sessuali. E’ molto diffuso un comportamento omosessuale o bisessuale nei pazienti borderline che, in genere, non temono le reazioni sociali, della cultura o della sub-cultura di riferimento, mostrando un evidente orgoglio delle proprie tendenze sessuali cosa che, in un omosessuale
o in un bisessuale non si verificano in condizioni normali. L’omosessualità non viene vissuta quindi come una condizione normale dal paziente borderline ma come qualcosa da mostrare, spesso per manipolare, stupire o condizionare gli altri. Il “coming-out” non sembra un problema ma si verifica immediatamente ed in modo eccessivo.
Il paziente borderline può vivere la sensazione di non esistere, di non esserci, dimostrando una evidente crisi della propria identità ed evidenziando una necessità di accudimento. Il paziente borderline può passare rapidamente da una condizione di vittima bisognosa ad una condizione di carnefice vendicatore, spiazzando completamente chi ha una relazione con loro.
Spesso i partner o i familiari dichiarano “lei non è sempre così, sa essere dolcissima, la vera lei è l’altra, è come se avesse due personalità”. In realtà i pazienti borderline non hanno “due personalità” ma modalità alterate ed alternate di percepire e di reagire che evidenziano nuovamente uno scarso controllo degli impulsi. Infatti visioni diverse di sé esistono in condizioni normali ma vengono filtrate, razionalizzate, tollerate e gestite dalla persona sana, ciò non avviene nel paziente con diagnosi di disturbo borderline.
4) lo scarso controllo degli impulsi si evidenzia direttamente con la presenza di condotte che definiamo appunto “impulsive” e che devono essere presenti in almeno due arre che siano potenzialmente dannose per il soggetto. Sono molto frequenti pratiche sessuali promiscue come il cambiare partner rapidamente oppure vivere più storie contemporaneamente, spesso i rapporti sessuali sono impetuosi e coinvolgenti, estremamente fantasiosi e passionali, ma anche estremamente impulsivi e, molte volte, senza accorgimenti preventivi sia dal punto di vista anticoncezionale che di profilassi di malattie sessualmente trasmissibili. Può capitare, in alcuni casi, che una paziente possa ricorrere ad IVG più di una volta nel corso di poco tempo vivendo l’interruzione come un metodo anticoncezionale.
Le condotte impulsive possono riguardare la sessualità, lo spendere eccessivamente spesso sopra le proprie possibilità, il gioco d’azzardo, la guida spericolata, le abbuffate tanto che c’è un altissimo tasso di comorbidità tra disturbo borderline e disturbi alimentari come la bulimia ed il disturbo da abbuffate (una correlazione che nei nostri studi sfiora il 100% nel senso che quasi tutte le pazienti bulimiche che abbiamo avuto modo di aiutare hanno avuto una diagnosi sull’asse II di BPD). L’uso di sostanze è alcol sono estremamente frequenti e possiamo andare da un farmaco o da cannabis fino all’uso di acidi e cocaina, oggi purtroppo all’ordine del giorno.
5) Il criterio 5 è quello per il quale più frequentemente il paziente e soprattutto i suoi familiari od il partner, richiedono un intervento psicologico. E’ anche il criterio più drammatico in quanto implica una diretta minaccia per la vita del paziente.
Capita spesso che il paziente borderline minacci il suicidio o che abbia ideazione suicidaria, così come può capitare che tenti il suicidio o metta in atto, cosa molto frequente, gesti automutilanti come bruciature o tagli su braccia e gambe (spesso i pazienti li chiamano “i taglietti”). L’automutilazione è spesso vissuta con piacere dal paziente ed offre una sensazione di sollievo. In molte occasioni i tagli e le bruciature avvengono in stati alterati di coscienza ovvero in situazioni dissociative transitorie. Spesso il paziente dichiara che mentre
si taglia è come se si vedesse dall’esterno, come se non fosse lui (questo però non significa che il tagliarsi sia qualcosa che considera spiacevole).
E’ frequente sentire frasi “tagliarsi è bellissimo, è fantastico”. Vedremo che per finalità di trattamento queste sensazioni sono fondamentali.
I gesti automutilanti ed autodistruttivi sono messi in atto soprattutto in seguito ad una minaccia di abbandono, alla presa in carico di nuove responsabilità, in periodi di cambiamento e, più in generale, durante la perdita di un ambiente supportivo. Questo dimostrerebbe la tendenza all’uso manipolatorio di tali gesti che diventano al tempo stesso un tentativo di soluzione di tensioni a-specifiche (v. trattamento) e di comunicazione.
In una percentuale che può andare dal 10% al 15% dei casi, i pazienti riescono nel loro tentativo di suicidio; a volte per errore (ovvero un taglio più profondo, scivolare dal cornicione o dalla finestra durante una minaccia di buttarsi, ecc.), altre volte perché non è arrivato il soccorritore che, in genere, i pazienti avvertono sia con comunicazioni reali (telefonate, messaggi, comportamenti, comunicazione verbale) sia con comunicazioni immaginarie, soprattutto nei casi più gravi (pensare che un altro possa sentire che si sta per commettere un gesto anticonservativo).
In sede diagnostico differenziale il clinico esperto saprà distinguere un tentativo di suicidio messo in atto dal paziente borderline da quello messo in atto da un paziente depresso. Il paziente borderline che ha tentato il suicidio spesso svalorizza tale gesto, lo sminuisce, non lo considera grave o realmente importante e soprattutto lo utilizza per vendetta, per manipolazione, per far sentire in colpa gli altri. Spesso il tentativo di suicidio è preceduto da struggenti lettere in cui si evidenziano doppi legami (“ti amo troppo per farti soffrire, ecc.”).
Nel paziente con disturbo depressivo maggiore, invece, il tentativo di suicidio, viene visto come una sconfitta. Il paziente depresso si sente in colpa per non essere riuscito ad uccidersi, in quanto spesso si percepisce come un peso. Mentre è comune che il paziente borderline abbia una storia di tentativi multipli di suicidio e condotte multi-impulsive, nel paziente depresso i tentativi di suicidio sono in genere uno o un paio in quanto è più
frequente che riesca nell’intento.

6) Il paziente borderline presenta un umore disforico basilare. L’affettività e l’umore sono instabili e spesso reattive a situazioni ambientali ovvero al contesto psico-sociale (affetti e relazioni). Il paziente borderline è estremamente sensibile ad ogni variazione e modificazione del proprio ambiente e delle proprie strutture mostrando a volte comportamenti ossessivi di controllo soprattutto interpersonale. Può evidenziarsi irritabilità ed ansia che, nella maggior parte dei casi, possono durare da poche ore fino a pochi giorni, molto raramente superano
tali periodi di tempo.

7) Noia e sentimenti cronici di vuoto sono all’ordine del giorno nei pazienti borderline. La sensazione di noia è tale che cercano sempre qualcosa da fare, cercano di riempire il “vuoto” che possiamo definire relazionale. Questa è una altra importante distinzione tra il paziente depresso ed il paziente borderline. Infatti il paziente con diagnosi di BPD non è abulico, privo di volontà, e non subisce la sensazione di noia ma reagisce ad essa cercando di colmare tale lacuna pur senza un evidente successo in quanto la noia si ripresenta costantemente. La sensazione di vuoto e noia sono spesso accompagnate da un costante pessimismo. Non è infatti l’umore depresso la sensazione prevalente ma il pessimismo, una visione notturna e decadente della vita. Questa è una tendenza molto comune nella sub-cultura “dark” di cui spesso i pazienti borderline fanno parte. Spesso si definiscono dark o comunque hanno atteggiamenti o anche gusti musicali, cinematografici o letterari, tipici.

8) Sono spesso presenti eccessi di ira e rabbia, anche apertamente espressa. La reazione di rabbia spesso si evidenzia come eccessi di sarcasmo, scontri fisici od espressioni verbali accese ed “esplosive”. La durata media della rabbia è bassa, in genere si risolve in poche ore o pochi giorni. Anche se può capitare che il paziente chiuda definitivamente una storia o una relazione successivamente a tali episodi. Quando è il paziente a terminare la relazione questa potrebbe chiudersi, mentre non deve capitare il contrario (criterio 1).

9) il criterio nove è stato aggiunto soltanto nel DSM-IV (1994). Si verificano, soprattutto in periodi di grande stress, ideazione paranoide o sintomi dissociativi perlopiù transitori (come derealizzazione e deperesonalizzazione). Il paziente borderline spesso dichiara sensazioni frequenti di dèjà vu. Gli stati alterati di coscienza e l’ideazione paranoide però sono generalmente di durata e di intensità insufficiente per giustificare una diagnosi aggiuntiva su un altro asse.